domenica 6 gennaio 2013

Aritmie

Aritmie

Opere pittoriche: Paola Celi
Testi: MARIA GRAZIA DI BIAGIO

2 commenti:

  1. Le poesie di Maria Grazia spesso fanno riaffiorare il dolore rimosso, l’incorporeo, il niente che affonda silenziosamente le radici nel cuore, con parole che a noi sempre mancano e che, tuttavia, riconosciamo come nostre, potendo esse facilmente rivestire anche il nostro dolore.
    Anche in questo struggente video, composto da tre poesie di argomento omogeneo, si parla di un'"assenza" che pervade silenziosamente la vita e in qualche modo la imprigiona.
    L’inizio è stupefacente:
    “Le mancanze si addensano sui fili delle rondini” dove l’immagine è quella usuale che si vede in alcune cartoline: un filo teso tra due tralicci su cui si sono posate le rondini. Ma il soggetto qui non sono le rondini, ma “le mancanze” cioè gli spazi lasciati vuoti, le rondini che non sono tornate e che aspetteremo invano.
    L’attesa delusa inventa allora diversivi per confortare la sua inutilità:
    "Le mancanze...fumano il narghilé col tempo discorrendo del meno che pesa nella fissità del posto".
    La parola “dolore” che inizialmente io ho utilizzato, nella poesia, in realtà, con acuto senso della misura, non viene mai pronunciata, ma proprio per questo essa è presente e sottende ogni verso.
    Quel che emerge invece è quel "meno", cioè il mancante che "pesa" sulla fissità della realtà ontologica e la ottunde, simile alla nebbia, diventandone, in qualche modo, l'essenza stessa:
    “Un assolo di nebbia tace / il rossore esausto dei filari”
    Il “meno”, dunque, parola leggera, quasi trascurabile, ma che, nella poetica di Maria Grazia, finisce per racchiudere in sé il tutto, in una specie di ossimoro logico, che inverte i segni della realtà, facendo diventare l’assenza grande più di ogni presenza, grande più del rossore dei filari, della possibilità di liberarsi e salvarsi, della vita che altrove potrebbe ripartire e a cui invece rinuncia:
    “del diroccato mio castello – in aria – butto le chiavi al drago.”
    Conclusione triste, dunque, a cui ciascuno di noi sa in fondo di essere condannato.
    Renato Fiorito

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  2. Non so aggiungere altro se non un Grazie che sgorga dalla gioia di essere compresa.

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